PREMESSA

 

La  caduta  dei  Savoia  e  il  pullulare  di  iniziative  che incrementavano il già fiorente sviluppo degli Ordini cavallereschi costrinse la Repubblica a una regolamentazione che valorizzasse lo stesso Stato italiano, fatti salvi i diritti della Santa Sede, cui era legato dai Patti Lateranensi del 1929.

Fu così approvata la nota L. 178 del 3.III.1951, che, venendo alla definitiva approvazione dell’”Ordine al Merito della Repubblica Italiana”

2, stabiliva altresì:

 

I contravventori sono puniti con l’ammenda sino a lire cinquecentomila.

L’uso delle onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche della Santa Sede e dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro continua ad essere regolato dalle disposizioni vigenti. Nulla è parimenti innovato alle norme in vigore per l’uso delle onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche del Sovrano Militare Ordine di Malta.

 

Art.8- Salvo quanto è disposto dall’art 7, è vietato il conferimento di onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche, con qualsiasi forma e denominazione, da parte di enti, associazioni o privati. I trasgressori sono puniti con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire duecentocinquantamila a lire cinquecentomila.

1  Si pubblica qui una nuova redazione delle “Divagazioni di storia degli Ordini cavallereschi”, con i primi 4 capitoli.

Altre ricerche, più impegnative e scientificamente documentate, saranno date alle stampe (con tanto di registrazione della SIAE) e distribuite alle principali Istituzioni e Biblioteche nazionali ed estere.

2  La costituzione di quest’Ordine fece seguito a quelle dell’ “Ordine Militare d’Italia” (2.II.1947; 30.I.1956; 12.II.1960: ex “Ordine Militare di Savoia”) e dell’”Ordine della Stella della Solidarietà Italiana” (5.VIII.1947; 9.III.1948).

 

Chiunque fa uso, in qualsiasi forma e modalità, di onorificenze, decorazioni o distinzioni di cui al precedente comma, anche se conferite prima dell’entrata in vigore della presente legge, è punito con l’ammenda da lire cinquantamila a lire trecentocinquantamila.

La condanna per i reati previsti nei commi precedenti importa la pubblicazione della sentenza ai sensi dell’art. 36, ultimo comma, del Codice penale.

Le disposizioni del secondo e terzo comma si applicano anche quando il conferimento delle onorificenze, decorazioni o distinzioni sia avvenuto all’estero.

 

Art.9- L’Ordine della SS.Annunziata e le relative onorificenze sono soppressi.

L’Ordine della Corona d’Italia è soppresso e cessa il conferimento delle onorificenze dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. E’ tuttavia consentito l’uso delle onorificenze già conferite, escluso ogni diritto di precedenza nelle pubbliche cerimonie.

Per gli altri Ordini ed onorificenze, istituiti prima del 2 giugno

1946, si provvederà con separata legge>>.

 

Fin qui il dettato legislativo. Si notò che v’era confusione fra gli

Ordini dinastici di Casa Savoia e quelli Statuali del Regno d’Italia.

 

Con L. del 27.III.1952 fu approvato inoltre l’ “Ordine al Merito del Lavoro”3, seguito dalla “Stella al Merito del Lavoro”4, che risale al

18.XII.1952.

 

Nel 1953, al fine di stabilire quali fossero gli Ordini cavallereschi non autorizzabili, il Ministero degli Affari Esteri ne compilò una lista5, ma gli eventi successivi – come vedremo- ci fanno comprendere come, fra teoria e pratica, vi fosse una frattura non indifferente.

 

Nell’impossibilità di esaminare tutta la bibliografia esistente, mi limito a citare solo pochi autori, le cui opinioni mi sono sembrate utili ai fini del mio discorso.

 

V. Privitera (Ordini cavallereschi. Storia e decorazioni, Catania

1982) divise gli Ordini in “Ordini religiosi militari e ospedalieri” (Parte prima), “Ordini Dinastici indipendenti non nazionali” (Parte seconda), “Ordini cavallereschi privati” (Parte terza). Nella Prima parte trattò degli

 

3  Ex “Ordine al Merito del Lavoro” dei Savoia.

4  Ex “ Medaglia al Merito Agricolo e Industriale” dei Savoia.

5  Si può leggere nel sito  www.heraldica.org/topics/orders .

 

Ordini fondati in Palestina o comunque in funzione delle Crociate (Santo Sepolcro, San Lazzaro, San Giovanni di Gerusalemme6, Templari, San Giovanni d’Acri e San Tommaso, Santa Maria di Betlemme7 ; nella Seconda parte dei numerosi Ordini facenti capo a Dinastie regnanti, o ex regnanti, varie; nella Terza parte degli Ordini detti Privati, o Magistrali, o Capitolari, fondati da individui di famiglia non regnante, o non ex regnante.

Per quanto riguarda gli Ordini dinastici (pp. 202-204), Privitera evidenziò  il  principio  di  equiparazione  fra  dinastia  regnante  ed  ex regnante – il sovrano spodestato che non abbia abdicato o riconosciuto la sconfitta militare perde lo jus gladii e lo jus imperii, ma conserva lo jus sanguinis che dà diritto a esser considerato fons honorum - . Citando i pareri dei proff. Gorino-Causa (Univ. Torino), Bascapè (Univ. Catt. S.Cuore Milano), Privitera contestò la L. 3.III.1951 che non considerava gli Ordini dinastici: una dinastia non può essere in alcun modo equiparata a “enti, associazioni o privati”. A corroborare la sua tèsi, citò la sentenza della Suprema Corte di Cassazione nr. 2003 (23.IV.1959, 3909/59 R.G.) che stabiliva che 8.

Per gli Ordini cosiddetti privati, Privitera obiettò che, (p. 356). Continuando con la citazione dei giudizi di giuristi e magistrati ( F.Manfredi, L.Peluso, G. Cinquetti, A.Padula) fu dell’opinione che bastasse un rogito notarile, registrato con lo statuto, per costituire un Ordine cavalleresco.

 

L. Pelliccioni di Poli (Gli Ordini cavallereschi di uso legittimo in Italia, Roma 1991) ricordò il dettato della L. del 1951, ritenendo che gli Ordini privati o magistrali siano da ritenere illegittimi e che l’uso delle relative decorazioni fosse (p.25).

Se si dà uno sguardo all’indice del libro, però, balzano evidenti alcuni Ordini o decorazioni che, alla luce di quanto sopra asserito, di “uso legittimo”, nel 1991, proprio non potevano essere considerati.

 

F. Cuomo (Gli Ordini cavallereschi nel mito e nella storia di ogni tempo e paese, Roma 1992), nelle conclusioni del suo volume, dopo

 

6  Senza trascurare le “Istituzioni indipendenti” dall’attuale SMOM.

7  Manca la trattazione sui Teutonici.

8  Vedi anche C.GINI, Sentenze della Magistratura Italiana, Roma 1955, e specialmente p.25.

aver trattato degli Ordini della Repubblica, annotò, con autentico pragmatismo, che (p. 266): << Per le leggi della Repubblica i cittadini non potrebbero esibire sul territorio nazionale decorazioni cavalleresche conferite da ordini stranieri o comunque non nazionali, se non autorizzati dal Presidente. Si tratta tuttavia di una normativa resa quanto mai elastica da una consuetudine improntata alla più ampia tolleranza. Come dimostra l’uso ricorrente, senza vincoli né limiti formali, di fregi ed insegne dell’Ordine di Malta, del Vaticano e di qualsivoglia altro stato, anche se

– in certi casi- storicamente estinto>>.

Per  F.  Ferri (Ordini  cavallereschi  e  decorazioni  in  Italia, Modena 1995) gli Ordini della monarchia di Savoia furono dalla L. del 1951, vista la confusione fra Ordini dinastici dei Savoia e Ordini statuali del Regno d’Italia. Riconobbe che l’Ordine dinastico è legittimo se di collazione di Casa regnante o ex regnante (p.14). Netta chiusura nei confronti degli Ordini privati.

Intanto, anche alla luce del parere del Consiglio di Stato, sez. I, nr. 1869/1981, e del parere del Contenzioso Diplomatico del 18.IV.1996, il Ministero degli Affari Esteri diramò la nota nr. 22/363 del 9.VII.1999, individuando le seguenti categorie:9

<< 1) Ordini nazionali di Stati esteri, ossia facenti parte del patrimonio araldico di una Nazione: 2) Ordini Pontifici, ossia di emanazione del Sommo Pontefice; 3) Ordini dinastici, nei quali il Gran Magistero è ereditato in una famiglia attualmente regnante: l’uso delle relative onorificenze è autorizzabile in quanto Ordini non nazionali; 4) Ordini dinastici non nazionali nei quali il Gran Magistero è ereditato in una famiglia ex sovrana: l’uso delle relative onorificenze è autorizzabile in quanto Ordini non nazionali, a condizione che essi siano sorti e costituiti quando la famiglia attualmente ex sovrana era, al contrario, regnante  e  che  vi  sia  stata  una  ininterrotta  titolarità  nel  capo  della famiglia e che manchi una soppressione da parte del capo della famiglia medesima (…); 5) Ordini sovrani, nei quali la sovranità deriva o da antichi possedimenti con carattere di sovranità o dall’avvenuto riconoscimento da parte di Sovrani o di Pontefici: l’uso delle relative onorificenze è autorizzabile qualora vi sia la prova della già esistente sovranità territoriale o quando tale sovranità sia stata riconosciuta da Re, Imperatori o Sovrani Pontefici, e che possano dimostrare una continuità

9  Riporto dal sito  www.dirittonobiliare.com/ordini .

conforme al proprio ordinamento (…); 6) Ordini Magistrali il cui Gran Maestro non discende da famiglia ex sovrana, ovvero nei quali il Gran Magistero è elettivo e non ereditario: le onorificenze di tali Ordini sono autorizzabili solo nel caso che tali Ordini abbiano avuto un riconoscimento da almeno uno Stato estero (…) e pertanto possano rientrare nell’ampio concetto di Ordini non nazionali; in caso contrario tali Ordini sono da considerare mere Associazioni di diritto privato che, nell’ipotesi in cui conferiscano onorificenze, decorazioni o distinzioni cavalleresche, possono essere sanzionate ai sensi dell’art. 8 della legge

178/51>>.

 

Ancora, con nota 22/713 del 13.XII.1999, lo stesso Ministero stabilì gli Ordini per i quali si ritenne concedibile l’autorizzazione:10

<< Tra questi vi sono: il Sacro Angelico Imperiale Ordine Costantiniano di San Giorgio , il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio (solo il ramo napoletano e non quello spagnolo:  sul  punto  si  rimanda  al  parere  del  Consiglio  di  Stato  n.

1869/81), l’Ordine di Santo Stefano Papa e Martire, l’Ordine del Merito sotto il Titolo di San Giuseppe, la Decorazione di San Giorgio per il Merito Militare di Lucca, il Real Ordine al merito sotto il Titolo di San Lodovico e l’Ordine dell’Aquila Estense>>.

 

Al 2006 risale un disegno di Legge, presentato dal sen. Francesco Cossiga, inteso a proibire le onorificenze degli Ordini dinastici nel territorio della Repubblica11. Non risulta che abbia avuto un successivo iter parlamentare.

 

A conclusione, la mia personale opinione, da neofita.

Farei mie le parole di Privitera (pp.356-357): << d’altra parte i cosiddetti Ordini riconosciuti (di Malta, del S.Sepolcro e dei Templari) non sorsero forse per volontà di un gruppo di Cavalieri che si unirono in associazione svolgendo una gloriosa attività iniziata otto secoli fa nel periodo delle Crociate? Gli antichi Ordini palestiniani non furono anch’essi delle associazioni, sorte per iniziativa di alcuni Cavalieri? (…) Un fatto è certo, che, al momento della loro istituzione, circa otto secoli fa, gli Ordini palestiniani sorsero senza alcun volere Sovrano o della Santa Sede (…). Se una Associazione Cavalleresca sorge in uno stato dove simili istituzioni sono ammesse, se pur privata, essa deve considerarsi legittima perché sorta secondo le norme di legge di quello

 

10  Riporto dallo stesso sito.

11  Si può leggere il testo in www.iagiforum.info/viewtopic .

 

stato, indipendentemente dal fatto che l?Italia o la Santa Sede la riconoscano o meno>>.

Era forse un re, un imperatore, o un papa, il beato Gerardo Sasso, di Scala, amalfitano12, fondatore dell’ “Ordine di San Giovanni di Gerusalemme”?.

Allo stesso modo, il fondatore dell’Ordine del Tempio “Hugo de

Paganis Campaniae”, era forse un re, un imperatore o un papa?13 .

Le origini dell’Ordine Teutonico non sono forse legate ad un ospizio di Gerusalemme, dove un mercante tedesco accoglieva i suoi connazionali?14

 

Gli Stati, si sa, hanno ordinamenti diversi in materia di Ordini cavallereschi. Tornando all’Italia, quanti Ordini, compresi nella lista del

1953, sono stati poi legittimati, come Ordini “non nazionali”, in forza di sentenze della Magistratura. Altri sono stati legittimati, sempre con sentenze della Magistratura, in quanto i loro Alti Protettori o Grandi Maestri sono stati riconosciuti discendenti di famiglie ex regnanti, ipso facto abilitati quali detentori di fons honorum. Quale influenza può avere, se non storico-morale, su questo stato di cose la “Commissione internazionale permanente per lo studio degli Ordini Cavallereschi”15, quantunque possa avvalersi di una rubrica seria come “The Self-Styled Orders”  curata  da  Guy  Stair  Sainty?  Esistono,  per  D.P.C.M.  del

4.V.2007, la Commissione sulle Precedenze e quella sulle Onorificenze16; quest’ultima si è recentemente pronunciata (19.IX.2007) circa la autorizzazione, chiesta da un militare in servizio, dell’onorificenza di Cavaliere dell’ “Ordine al Merito di Savoia”17 . Le conclusioni della Commissione, che sono state negative, aprono vari problemi che investono, a questo punto, anche numerosi altri Ordini, sulla liceità dei quali ferve il dibattito18.

 

 

12  Alla tradizionale teoria sull’origine, rivendicata anche attualmente da Scala (vedi www.parrocchiascala.it/home ) si contrappone quella che lo vuole originario di Tonco ( vedi www.comune.tonco.at.it ), ma cambia assai poco.

13  Poco importa se si tratta di Hugues de Payens de Champagne, nobile francese, o di Ugo di Pagani di Campania (come recentemente, fra altri, sostenuto da M.MOIRAGHI, L’italiano che fondò i Templari, Milano 2005).

14  Solo successivamente, con Federico duca di Svevia (che aveva condotto in Terrasanta i resti dell’esercito del defunto Barbarossa) l’Ordine ebbe il riconoscimento, come istituto ospedaliero, dal papa Clemente III (6.II.1191); vedi FERRI, op.cit., p.140.

15  Vedi www.icoregister.org .

16   Già costituite con Disposizione segretariale interna il 19.V.2004 (Vice Segretario

Generale della Presidenza del Consiglio).

17  Vedi A. LEMBO, , in Il mondo del Cavaliere VII/28(2007), pp. 117-119.

 

Quel che conta, per me, è la buona fede. L’Ordine lo si giudica

‘dai frutti ’ più che dalle legittimazioni di questo o quell ’altro Stato, dal riconoscimento della Santa Sede o di qualche patriarcato orientale.

Se qualcuno entra in un Ordine con l’intenzione di farsi curare gratuitamente dal confratello medico o dentista, o di procurarsi un bel prestito tramite il confratello direttore di banca, o di investire un bel gruzzolo in titoli azionari tramite il confratello promotore finanziario, non ha capito niente dello spirito degli Ordini cavallereschi, siano essi

‘riconosciuti’ o ‘farlocchi’.

Gli Ordini cavallereschi dovrebbero essere solo organizzazioni filantropiche, dedite alla beneficenza, come tante altre, confessionali, e non, che operano in Europa e altrove. Nessun Ordine ha, del resto, nei suoi Statuti lo scopo di combattere ‘gli infedeli ’, com’era in passato. Una nuova valorizzazione degli Ordini cavallereschi confraternali può venire solo dal loro inserimento nella realtà delle Chiese delle varie confessioni cristiane in cui operano19 .

 

Che i grandi Ordini, tipo quelli della Santa Sede, lo SMOM, l’OESSG, siano effettivamente impegnati in opere di filantropia a livello internazionale, è a tutti noto20. Un elenco di Ordini che si rifanno alla tradizione dell’Ordine di San Giovanni, pubblicato nel sito www.cnicg.net/malta , enumera 15 Ordini nella cui denominazione compare l’aggettivo “ospedaliero” (Hospitaller). Se si consulta il sito www.knightofmalta1.org/osj , se ne rinvengono addirittura 30, sempre con l’aggettivo “ospedaliero”. Ma hanno essi veramente qualche ospedale? Videant doctiores!

 

Marzo 2008                                                                                       r.r.

 

18   Basti rinviare alle numerose discussioni del CNICG: vedi www.cnicg.net/forum . Vedi anche, nella citata rivista, rubrica “Lettere al Direttore”, gli interventi di Giuseppe De Lama e Neri Capponi (pp.133-134)

19   Vedi le interessanti considerazioni dell’editoriale (p. 99) del citato fascicolo de Il

Mondo del Cavaliere.

20   Rinvio al sito www.papanews.it/news.asp , dove sono citate le numerose iniziative filantropiche dell’Ordine di Malta SMOM.

 

1.

 

 

GLI ORDINI CAVALLERESCHI DI SERBIA

 

 

Secondo un’antica tradizione, il primo Ordine cavalleresco che nacque in Serbia fu il “Costantiniano Nemagnico di S.Stefano”, fondato da Stefano IX Urosh IV Dusan (1331-1355) per festeggiare, nel 1346, la sua ascesa al trono imperiale come autocrate dei Serbi e degli Elleni21. L’Ordine, forgiato sull’esempio degli Ordini occidentali e dei Costantiniani bizantini, seguì le sorti della dinastia Nemanja fino all’ultimo sovrano, Stefano XII Giovanni Urosh Ducas Paleologo, che si ritirò – seguendo l’esempio dell’avo Stefano Nemanja – in un convento come monaco Joasaph (1372/73 circa)22.

Trascorsero parecchi secoli, contraddistinti dal sanguinoso predominio turco, dopo i quali la Serbia si rese di nuovo indipendente.

 

Milos Obrenovic (n. 1780, principe di Serbia 1817-1839 e 1858-

1860) era figlio di un povero contadino (Todar Mihailovic) e prese il cognome/patronimico dal patrigno Obren Martinovic. Dopo l’assassinio

 

 

21   Invecchiate sono le pubblicazioni su quest’ Ordine: A. DE STEFANO, Sentenza e documenti sull’Ordine Costantiniano Nemagnico di Santo Stefano di patronato dei principi  Nemagna-Paleologo, Napoli  1944;  V.PRIVITERA,  Ordini  cavallereschi. Storia e decorazioni, Catania 1982, pp. 264-268.

22  Sul passaggio di eventuali discendenti dei Nemanja in Italia vedi “Articoli e note”, §

3.

 

di Giorgio Petrovic Karadjordje (fondatore del casato Karadjordjevic), avvenuto nel 1817, ottenne il titolo di principe ereditario, concesso dalla Sublime Porta nel 1830.

Subentrò, nel 1860, il figlio Michele Obrenovic (n. 1823, principe di Serbia 1839-1842 e 1860-186823), che fu ucciso in una congiura di palazzo.

Poi fu la volta del nipote di Milos, Milan Obrenovic (n. 1854, principe dal 1868 al 1882, poi re di Serbia fra il 1882-1889, m. 1901), che portò guerra ai Turchi fra il 1876 e il 1877, fino al Trattato di S.Stefano del 1878. Fu costretto ad abdicare (1889) per la sua politica autoritaria.

Ultimo sovrano degli Obrenovic fu il figlio Alessandro (n. 1876, re  di  Serbia 1889-1903). Soppresse la  costituzione liberale e  si  rese odioso ai militari per il suo matrimonio con Draga Mashin, nata Lunjevica, vedova di un ingegnere boemo (già dama di corte della madre del re, Natalia), di dieci anni più anziana, e, per di più, di dubbia reputazione. Questa Draga sparse la voce d’essere incinta, ma nella corte si spettegolò: la regina aveva intenzione di far passare per suo, o di adottare, il figlio atteso dalla sorella.

Il leader degli oppositori militari era il deciso venticinquenne tenente di fanteria Dragutin Dimitrjevic, detto “Apis” (“il Toro”), legato alla famosa “Mano nera”. Con un kommando di 28 cospiratori, prese d’assalto il palazzo reale: i militari circondarono il re e la regina, che furono prima colpiti da 48 colpi, poi fatti a pezzi con le spade e gettati dalla finestra. Con loro morirono una ventina di parenti e membri della Corte.

Poco dopo l’Assemblea chiamò al trono Pietro I Karadjeordjevic

(n. 1844, re di Serbia 1903-1918, re dei Serbi, Croati e Sloveni 1918-

1921). Dopo, i Karadjeordjevic regnarono sulla Yugoslavia, essendo state unite Serbia, Montenegro, Croazia, Bosnia-Erzegovina e Slovenia.

 

Nella nuova Serbia indipendente, Michele III Obrenovic costituì (1865)  l’”Ordine  di  Takovo”,  in  ricordo  del  fatto  che  dalla  città  di Takovo era partita la rivolta serba contro i Turchi. Nel 1883 fu istituito dal re Milan I l’ “Ordine dell’Aquila Bianca”, per festeggiare la sua ascesa al trono come re di Serbia nell’anno precedente. Assieme a quest’Ordine fu fondato l’ “Ordine di San Sava”, per rievocare la figura di Sava (Sabba, Savva), figlio di Stefano Nemanja, primo arcivescovo di Serbia (1219-1233), denominato “Apostolo dei Serbi”.

Al 1904 risale, ancora ad opera del re Pietro, la fondazione dell’”Ordine Reale Serbo della Stella di Karadjeordjevic” ad esaltazione

 

 

23  Fra il 1842 e il 1858 vi fu un interregno con Alessandro Karadjeordjevic (1806-1885). 

della potenza serba, ma, più, ad esaltazione di se stesso, giunto al potere con la violenza del colpo di Stato.

 

Venne la I Guerra Mondiale. Nel 1930 fu istituito l’ “Ordine della Corona di Yugoslavia”, per onorare il nuovo regno nato dall’unione delle varie etnie, quando ufficialmente il paese cessò di chiamarsi Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, e divenne Regno di Yugoslavia.

Poi vi fu la II Guerra mondiale, con la disintegrazione della Yugoslavia. Il casato Karadjeordjevic andò in esilio, e, per l’esplosione della resistenza comunista di Tito, fu creata la Repubblica di Yugoslavia, che ha retto fino al 1992, quando vi fu la nuova disintegrazione, sotto Milosevic.

 

Attualmente, il sito della famiglia Karadjeordjevic (www.royalfamily.org )  informa  che  il  casato  ha  in  collazione cinque Ordini.

“Ordine del Santo Principe Lazzaro”. Costituito per ricordare il S. principe Lazzaro della casa Hrebelnjanovic, che fu sconfitto dal sultano Murat I nella storica battaglia del Kossovo (28.VI.1389). Anche se il sultano fu ucciso, alla fine i Turchi prevalsero.

“Ordine dell’Aquila Bianca”. “Ordine di San Sava”.

“Ordine della Stella di Karadjeordjevic”. “Ordine della Corona di Yugoslavia”.

 

I siti www.cnicg.net/malta e www.knightofmalta1.org rendono noto che il principe Karl-Vladimir Karadjeordjevic è Alto Protettore del “Sovereign Order of St. John of Jerusalem, Knights Hospitaller”, Gran Maestro Anthoney Zammit (Malta), con Priorati in Gran Bretagna ed Australia.

Quest’Ordine  fu  autorizzato  originariamente  dal  re  Pietro  II (1923-1970)24.  Si  tratterebbe  di  un’Ordine  di  Malta  dinastico,  di collazione di famiglia ex regnante, da equiparare sostanzialmente agli altri quattro Ordini di San Giovanni non cattolici riconosciuti dal “Sovrano Militare Ordine di Malta”(SMOM):

“Baliaggio di Brandeburgo di S. Giovanni di Gerusalemme” (Governo della Repubblica Federale di Germania);

“Ordine di S. Giovanni dei Paesi Bassi “ (Corona d’Olanda); “Ordine di S. Giovanni di Svezia” (Corona di Svezia);

24    Che  regnò  dal  1934  al  1941,  anno  in  cui  vi  fu  l’invasione  italo-tedesca,  e  fu ufficialmente detronizzato.

“Venerabilissimo  Ordine  di  S.  Giovanni”  (Corona  di  Gran

Bretagna).25

Invece, è considerato non legittimo dagli Ordini di S. Giovanni sopra citati26, anche perché non sembra sia stato riconosciuto dal capo della casata principe Alessandro Karadjeordjevic di Yugoslavia27.

 

Un  recentissimo  documentato  studio  del  principe  F.  Acedo

Fernandez Pereira, noto genealogista e storico degli Ordini Cavallereschi

28 , attira l’attenzione sul “Sacro Ordine Imperiale Militare Nemantino Angelico Costantiniano di San Giorgio di Rito Orientale”, attualmente di collazione della Casata Picco di Montenero e Pola, Arcadia e Laodicea29 .

Lo studioso sostiene che questo fosse il nome originario dell’ “Ordine Costantiniano Nemagnico di Santo Stefano” di cui sopra, e che, quindi, il legittimo esercizio spetta alla Casata Picco de jure , in quanto erede sia della Casata Capone Nemagna Paleologo, sia della Casata Lavarello Obrenovic Laskaris Ventimiglia. In particolare, l’atto di designazione del principe Nicola Capone in favore del principe Marziano II Lavarello Obrenovic30 è perfettamente valido, così come quello del principe Marziano II in favore della cugina principessa Filomena Vitellozzi Monti di Lubiana. Quest’ultima, prima di morire (Roma 2004), designò a sua volta il marchese principe Luigi Maria Picco di Montenero e Pola, attuale Gran Maestro.

Lo Stato italiano ha più volte riconosciuto il fons honorum e la legittimità delle onorificenze della Casata Nemagnica; si citano, fra tante, solo  le  principali  sentenze:  Suprema  Corte  di  Cassazione dell’11.VII.1871; Suprema Corte di Cassazione del 25.IV.1923; Suprema Corte di Cassazione del 3.II.1964.

Gennaio 2008-Maggio 2010                                               r.r.

 

25  Vedi il sito www.orderofmalta.org/ordsgiov .

26       Come    si    legge    nel    sito    www.knightofmalta1.org/osj .    E    vedi    anche www.cnicg.net/malta , dove è stato reso noto un censimento degli Ordini di Malta che vengono giudicati “abusivi o fasulli” dal noto esperto Guy Stair Sainty.

27  Vedi www.chivalricorders.org/orders/selfstyled .

28     Storia  del  Sacro  Ordine  Nemagnico  Costantiniano  di  Rito  Orientale:  dalla fondazione ai nostri giorni (relazione letta all’Università di Perugia il 7.V.2010).

29  Sito ufficiale: www.mac-ro.com .

30  Depositato presso la Città del Vaticano col testamento in data 7.III.1944.

 

 

 2.

 

GLI ORDINI CAVALLERESCHI DI RUSSIA

 

Ivan IV ‘il Terribile ’ (1530-1584), zar di tutte le Russie dal 1547 al 1584, impresse un tale slancio politico-militare al paese, sicché può essere considerato a buon diritto il padre della Russia zarista e precursore di Pietro il Grande.

Limitato lo strapotere dei bojari fin dagl’inizi del regno, si batté contro i Tartari (1555/56) che compivano continue incursioni; in seguito riorganizzò l’amministrazione statale, così scatenando una repressione antinobiliare, dato che la nobiltà aveva agito sempre in piena e totale autonomia locale.

Alla sua morte, il nuovo zar Teodoro subentrò al padre. Ventisettenne, 31.

Immediatamente, i bojari alzarono la testa e i contadini, che avevano sopportato il peso delle tasse per la guerra in Livonia, erano allo stremo della sopportazione, anche considerando l’enormità di tempo richiesto dal servizio militare obbligatorio, che li privava di sostegni nel lavoro dei campi.

Teodoro era talmente incapace, che vi fu una prima reggenza di Nikita Romanovic Jurev, che però presto morì (1586). Venne quindi alla ribalta Boris Godunov, che riuscì a far sposare sua sorella Irina da Teodoro. Come contraccolpo, vi furono varie congiure di bojari: si cercò sia di eliminarlo, sia di far divorziare lo zar dato che Irina, non si sa se per sua colpa o per colpa del marito, non generava un erede.

Godunov fu anche il ‘fondatore’ del patriarcato di Mosca: non bisogna dimenticare che, con il pretesto che il patriarca di Costantinopoli era,  allora, un suddito (raja) del  sultano islamico, fece distaccare la Russia dalla Chiesa greco-ortodossa e creò un patriarcato sullo stesso piano di quelli di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme.

Oltre Teodoro, Ivan IV aveva avuto, dal matrimonio con Marija Nagaja, un altro figlio, Dimitrij. Col regno di Teodoro, i due furono esiliati, perché si temeva che i bojari se ne servissero contro lo zar. Un bel giorno, il ragazzo, di nove anni, fu trovato sgozzato, e Godunov fu subito additato come mandante dell’omicidio.

Si è fantasticato, del tutto senza fondamento, che, in realtà, il ragazzo sarebbe scampato all’attentato, dando origine ad un ramo dinastico fino a poco fa ancora esistente (famiglia Dimitrijevic), ma si tratta solo di tradizioni difficilmente controllabili.

Morto Teodoro (1598) la zarina Irina preferì non assumere la reggenza e si ritirò in convento. Boris Godunov, allora, si fece spudoratamente avanti e, con macchinazioni varie, nella diffidenza dei bojari (che lo consideravano l’assassino dell’erede legittimo Dimitrij) riuscì a farsi accettare come zar.

Godunov, da zar, iniziò con buone prospettive: promosse l’istruzione, ideando di costituire una prima Università di Russia. Poi, anche a causa dei raccolti scarsi degli anni 1601-1603, il suo prestigio iniziò a declinare. I contadini, scacciati dalle terre dai padroni, che non avevano i mezzi per mantenerli, si costruivano in bande di predoni, una delle quali raggiunse e devastò i dintorni di Mosca.

Intanto un impostore, che diceva di essere Dimitrij Ivanovic scampato al massacro, sorse nelle zone degli insediamenti cosacchi sul

 

31  L. KOCHAN, Storia della Russia moderna. Dal 1500 ad oggi, trad.it. Torino 1968, p.

67.

Dnjepr; di lì, mosse su Kiev. Dietro c’era la Polonia e la Chiesa cattolica. Tanto è vero che fu riconosciuto come legittimo zar dal re di Polonia Sigismondo III (1604), e, con un piccolo esercito di volontari polacchi, iniziò a marciare su Mosca.

Mentre Godunov faceva leva sull’ortodossia russa, contro l’ “eresia latina e luterana”, rappresentata da Dimitrij32, l’esercito di quest’ultimo aumentava di consistenza, man mano che si avvicinava alla capitale.

La morte improvvisa di Godunov (1605), non si sa bene se per cause naturali o per suicidio, facilitò la sua impresa. Marija Nagaja non ebbe esitazioni nel riconoscerlo come suo figlio (aveva tutto da guadagnare!), e così Dimitrij fu incoronato come zar. L’incoronazione è da considerare evidentemente non valida, dato che v’era stata “sostituzione di persona”.

Ma aveva i giorni contati. Dalla Polonia arrivò la futura sposa, la principessa Marina Mniszech. Per gli ortodossi fu uno schiaffo in faccia. La fronda trovò in Vasilij Sujskij il suo capo. Il falso Dimitrij fu ucciso, il suo corpo fu bruciato e le ceneri sparate da un cannone.

Anche leggenda è che, prima di morire, abbia avuto modo di avere un figlio dalla Mniszech, dato che la loro frequentazione fu di pochissimi giorni33.

Ma non era finita. Sorse un secondo falso Dimitrij (1607), che fu eliminato nel 1610 da Sujskij. Aveva un figlio, ma non riuscì mai ad essere incoronato imperatore34 .

Non risulta, nel modo più assoluto, che in Russia sia stato costituito un “Ordine del Santo Sepolcro”, ortodosso, distinto da quello creato da Goffredo di Buglione, che, nel 1113, ebbe l’approvazione di papa Pasquale II, quasi contemporaneamente alla Congregazione di San Giovanni Battista, che fu alle origini del futuro “Ordine di Malta”. Che i Rjurik di Russia abbiano avuto il patronato dell’Ordine ortodosso non è documentato da alcuna fonte dell’epoca.

 

Il primo Ordine cavalleresco russo fu fondato da Pietro il Grande (1698), il quale lo costituì per onorare S.Andrea, che, secondo la tradizione, aveva convertito gli Slavi di Novgorod. All’ “Ordine di Sant’Andrea” Pietro affiancò l’”Ordine di Santa Caterina”, in omaggio alla moglie Caterina I, per il suo virile comportamento in occasione della

 

 

 

32  Ivi, p. 73.

33  Come mi ha confermato anche il prof. Luca Bernardini dell’Università di Milano, che ha condotto ricerche specifiche sul “falso Demetrio”. Alla luce della storia russa, è da escludere che i due abbiano potuto avere un figlio.

34  Vedi anche M.N. POKROVSKIJ, Storia della Russia, trad.it. Roma 1970, pp. 44-72.

 

battaglia di Pruth contro i Turchi (1711). In realtà, la zarina aveva solo corrotto il gran vizir turco e facilitato la vittoria.

Al 1722 risale la costituzione dell’”Ordine di Sant ‘ Alessandro Njevskij”, per onorare la memoria di Alexander Jaroslavic che aveva vinto, presso le rive della Neva, Svedesi, Danesi e Teutonici nel 1240. Seguì l’ “Ordine di Sant’Anna”, dedicato dal duca Carlo Federico di Schleswig- Holstein- Gottorp alla memoria della zarina Anna, ma anche in onore di sua moglie Anna Petrovna. Solo con Paolo I, però, fu incluso fra gli Ordini di Russia (1796).

Caterina II, per premiare coloro che si erano resi benemeriti per le guerre che portarono alla conquista di Ucraina, Crimea e parte della Polonia, costituì l ‘”Ordine Militare di San Giorgio” (1769). La stessa Caterina, per onorare la memoria del principe Wladimir35, creò l’ “Ordine di San Wladimir” (1782).

L’”Ordine Virtuti Militis”, costituito da Stanislao II re di Polonia nel 1792, poi trasformato in “Ordine al Merito Militare di Polonia” da Federico Augusto re di Sassonia e granduca di Varsavia, fu ancora trasformato nell’ “Ordine del Merito Militare di Russia” dallo zar Nicola I.

L’ultimo Ordine fu creato nell’aprile 1878 da Alessandro III. Si trattava di un’onorificenza (“Ordine della croce”) destinata alle dame di carità.

 

Anche per la Russia sussiste una appendice melitense.

Si sa che da Malta, occupata da Napoleone nel 1798, emigrarono i Cavalieri di San Giovanni; alcuni, pochi, seguirono il Gran Maestro von Hompesch, ormai quasi del tutto screditato; altri si riunirono a San Pietroburgo ed elessero Gran Maestro e Protettore lo zar Paolo I. Quantunque l’elezione non fosse regolare (lo zar era ortodosso e sposato) il papa Pio VI inviò tuttavia la sua apostolica benedizione36. Dopo l’assassinio dello zar (che, nel frattempo, aveva istituito un Gran Priorato di Russia ortodosso), il figlio Alessandro I (1801) non ne volle sapere di essere Protettore di un Ordine cattolico e comunicò alla Santa Sede il suo desiderio che il papa Pio VII nominasse un nuovo Gran Maestro. Comincia così la storia dello SMOM (“Sovrano Militare Ordine di Malta”) attuale, con la nomina di Gian Battista Tommasi a nuovo Gran Maestro (1803).

Ma l’Ordine di San Giovanni di Russia non fu mai ufficialmente

sciolto.

 

35   Per primo nel 976 aveva accettato la conversione al Cristianesimo ed aveva avuto l’appellativo di isapòstolos (‘simile agli Apostoli’), che era proprio degli imperatori bizantini.

36  Le vicende sono ben riassunte da PRIVITERA, op.cit., pp. 70-73.

 

Dopo la rivoluzione bolscevica, esuli russi in America lo ricostituirono,   attorno   a   un   col.   William   Wilson   Lamb,   diretto discendente del gen. Ivan Lamb, ufficiale zarista. Fra il 1890 e il 1908 furono tenute assemblee che portarono alla costituzione del “Sovereign Order of Saint John of Jerusalem – Knights of Malta” 37. Nel 1981 ne fu proclamato Protettore S.A.I. il principe Alexiej Nikolaevic Romanoff, con  la  Gran  Luogotenenza  di  Salvatore  Messineo.  Successivamente, Gran Maestro è divenuto John L.Grady.

 

Altri esuli, in Francia, costituirono l’ “Union des Commandeurs Hereditaires et Chevaliers du Grand Prieure Russe de l’Ordre de St. Jean de Jerusalem «38 nel 1928. Nel 1955 vi fu la registrazione ufficiale come

« Russian Grand Priory of the Order of St. John of Jerusalem ».

 

Entrambi questi Ordini sono considerati illegittimi dall’Ordine SMOM, assieme ad altri, di più recente costituzione, anch’essi di dichiarata derivazione russa39.

 

Da menzionare inoltre il “Sovereign Order of Saint John of Jerusalem – Russian Knights of Malta”, fondato nel 2003 da S.A.R.I. Antonio Tiberio di Dobrynia di Russia40. Quest’Ordine si avvale del riconoscimento e dell’Alto Protettorato della Chiesa Ortodossa Albanese in esilio, della Chiesa Ortodossa Bielorussa e Ucraina, della Chiesa Cattolica Apostolica Ortodossa Assiro-Caldea.

 

Chi volesse informazioni sugli Ordini della Russia socialista- sovietica (i “Cavalieri del popolo”) veda il repertorio di C.Rendina41.

 

Gennaio 2008                                                                         r.r.

 

37  Vedi ivi, pp. 103-105.

38  Vedi www2.presttel.co.uk/church/oosj .

39  Vedi www.cnicg.net/malta.asp , e  www.knightofmalta1.org/osj .

40  Vedi www.imperialclub.net/osj+rm e  www.cavalieridimalta.it .

41  C.RENDINA, Il grande libro degli ordini cavallereschi, Roma 2006, pp. 211-212.

 

 

 

3.

 

L’ORDINE DI SANTIAGO DELLA SPADA

 

Alla memoria di Fanny Garzya pellegrina a Santiago di Compostela.

 

Attraverso la mediazione del Cantare toscano di Florio e Biancofiore, a sua volta derivato dal francese Floire et Blanchefleur ( XII secolo)42, la fama del santuario di Santiago di Compostela raggiunse la Grecia occupata dagli Occidentali dopo la IV Crociata.

Il romanzo greco-volgare di Florio e Platziaflora, scritto probabilmente nel Peloponneso (principato di Acaia)43, inizia   con la

 

42  La storia d’amore di Floire e Blanchefleur appare ispirata da una novella delle Mille e una notte ( Ni’mat e Nu’m); vedi Carolina CUPANE, Romanzi cavallereschi bizantini,Torino, UTET, 1995, p. 28.

43  Ivi, pp. 447-565.

 

vicenda di un nobile cavaliere romano tormentato dalla sterilità della giovane moglie Topazia. Così, fece voto di compiere un pellegrinaggio per ottenere la grazia di un concepimento. Chiesta l’intercessione del   (v.13)44,  la moglie  rimase  incinta.  Per  adempiere  all’impegno  preso,  si  avviò, assieme  alla  moglie,  verso  la  Galizia  (<>, vv. 20-23). Qui, però, le cose presero una brutta piega: si imbatté in un gruppo di saraceni che lo uccisero, prendendo prigioniera la moglie incinta45 .

Nel romanzo il pellegrinaggio dei due avviene con la partecipazione di <46, tutti uomini pii, di fede cristiana, che si recavano a venerare l’apostolo del Signore, S.Giacomo>> (vv. 36-39).

Si allude al “cammino di Santiago” ed ai pericoli che minacciavano i pellegrini a causa delle continue scorrerie dei Mori. E per venire incontro ai bisogni dei pellegrini, alcuni canonici di S. Eligio costituirono ospedali e locande. 13 nobili del Leòn, obbligandosi con voto solenne, misero a disposizione dei canonici e dei pellegrini una ventina di fortificazioni.

 

Così nacque, sotto il Gran Magistero di don Pedro Fernandez de Ponte  Encalato,  l’  “Ordine  di  Càceres”,  così  detto  dalla  omonima fortezza del re di Leòn e Castiglia, Ferdinando II, fra il 1169 e il 1170.

Già l’anno successivo, per accordo con l’arcivescovo di Compostela, ai tredici cavalieri di Càceres veniva concesso di servirsi del vessillo di S. Giacomo, e l’Ordine divenne “Ordine di Santiago della Spada “47 .

Presto vi furono diramazioni in Portogallo, Aragona e Guascogna. Fra il 1172 e il 1174 le armi cristiane subirono vari rovesci e

Càceres fu abbandonata.

 

44  Secondo la tradizione del luogo, l’apostolo Giacomo il Maggiore si spinse verso Occidente evangelizzando la Spagna, fino alla Galizia. Nel 42, tornato in Palestina, fu martirizzato a causa della condanna di Erode Agrippa. Due suoi discepoli, Teodoro ed Anastasio, ne riportarono il corpo in Galizia, dove fu sepolto. Qui sorse il santuario di Santiago (San Giacomo) di Compostela.

45  La storia prosegue con la nascita di Platziaflora, figlia del cavaliere, che viene data alla luce contemporaneamente a Florio, figlio del re saraceno Filippo e della regina Calliotera. Cresciuti insieme, i due si innamorano. Dopo varie peripezie, ostacolati dal

re, riuscirono a riunirsi e Florio, alla fine, divenne re di Roma.

46  Qui nel senso di ‘romei’ o ‘romeri’ = ‘pellegrini’; vedi ivi, p. 467, nota 3.

47  Vedi spec. C. RENDINA, Il grande libro degli Ordini cavallereschi, Roma 2006, pp.

143-146.

 

Mentre il papa Alessandro III approvava l’Ordine, nel 1174 il re Alfonso VIII donava ai cavalieri la fortezza di Uclès. La bolla definitiva (Benedictus Deus) giunse nel 1175.

Dopo vari anni di impegno nella lotta contro i Mori, dal 1250 l’Ordine fu utilizzato come forza combattente fra le milizie armate del regno di Castiglia impegnate contro il regno saraceno di Granata. Una grossa sconfitta vi fu nel 1280: Don Pedro Ruiz Giròn, allora Gran Maestro, fu pesantemente sconfitto, assieme ai cavalieri dell’ “Ordine di Santa Maria di Spagna”.

Nel 1288, con il riconoscimento del papa Nicola IV (Pastoralis Officii), la commanderia portoghese si rese autonoma, dipendendo dal re del   Portogallo.  La   commanderia  elesse  successivamente  un  Gran Maestro, don Lorenzo Eanes, e questo ramo fu riconosciuto dai papi Eugenio IV e Nicola V. L’ “Ordine di Santiago della Spada” portoghese venne definitivamente approvato, nel 1320, dal papa Giovanni XXII.

Il ramo spagnolo fu posto, dal papa Alessandro VI (1492), sotto la dinastia di Aragona, rappresentata allora da Ferdinando ‘il Cattolico’ marito di Isabella di Pastiglia. In quello stesso anno in cui gli Arabi vennero definitivamente scacciati dalla Spagna (presa di Granata) e realizzata la spedizione di Cristobal Colon.

 

Dal XIV secolo, dunque, si può parlare di un unico Ordine suddiviso in due rami, quello spagnolo e quello portoghese.

Il ramo spagnolo, nel XVI secolo, ebbe la maggior fioritura, con una dotazione di due città e 178 borgate: una rendita annuale di ben

40.000 ducati. Continuando nella storia come Ordine della Corona di Spagna, attualmente ha in Madrid la sua chiesa, l’Eglisa de las Comendadoras de Santiago48.

 

Il ramo portoghese, posto sotto la Corona nel 1556 per decisione del papa Giulio III, cui il Gran Maestro era sottomesso, aveva sede nel castello di Palmela presso Lisbona. Nel 1789 la regina Maria del Portogallo lo secolarizzò come semplice onorificenza al merito civile49 .

 

 

48  Vi si ammira un Santiago Matamoros opera di Luca Giordano del 1695.

49  Con la proclamazione della Repubblica portoghese e la deposizione del re Manuele II di Braganza, nel 1910, l’Ordine è passato sotto il controllo dello Stato, ancora come Ordine al merito. Alla Casa di Braganza, con atto del 27.X.1986 di dom Duarte, capo del real Casato del Portogallo, restano solo gli Ordini di N.S. della Concezione, di Santa Isabella e dell’Ala di San Michele (vedi  www.iagi.info/ARALDICA/ordini ).

Sotto la reale protezione di dom Miguel de Braganza, duca di Viseu, infante del Portogallo, è stata fondata nel 2000 la “Real Confraria de Sao Teotònio ( vedi www.royalconfraternity.org ), attiva in varie nazioni, con una delegazione in Texas (vedi www.saoteotonio.com ).

 

Un ulteriore ramo dell’ Ordine sorse in Brasile, dopo l’indipendenza dal Portogallo.

Nel  1820,  a  seguito  dei  moti  liberali,  il  re  Giovanni  I  del Portogallo lasciò la reggenza del Brasile al figlio dom Pedro di Braganza. In Portogallo fu concessa la costituzione e a dom Pedro fu ordinato di rientrare in patria. Egli si rifiutò e, nel 1822, dopo aver concesso a sua volta la costituzione, si fece proclamare imperatore col nome di Pietro I. Fondò l’ “Ordine di Pedro I” (detto anche “Ordine di San Pietro”), e poi (1829) l’ “Ordine Imperiale della Rosa”.

Pedro  I,  costretto  ad  abdicare  (1831)  in  favore  del  figlio minorenne Pedro, rientrò in Portogallo per recuperare il trono del padre Giovanni I, nel frattempo retto dal fratello dom Miguel. La guerra civile durò tre anni, ma, sconfitto Miguel, Pedro I morì il mese dopo.

Il figlio Pedro II, prima sotto tutela di un Consiglio di Reggenza, poi proclamato maggiorenne a 15 anni (1840), istituì il ramo portoghese- brasiliano dell’ “Ordine di Santiago della Spada” (1843)50. Su quest’ Ordine poco c’è da dire. Del resto l’Impero brasiliano era scosso dalle rivolte, sicché l’imperatore presto abdicò in favore della figlia Isabel. Questa, avendo abolito la schiavitù nel 1888, suscitò il malcontento dei proprietari terrieri, cui si unirono militari ed attivisti repubblicani. L’Impero finì nel 1889.

 

In Italia, è stato recentemente costituito un Ordine che si richiama alla tradizione portoghese: il “ Santissimo Inca Portugués Ordo- Caballeros de Santiago de la Espada de Compostela”. E’ posto sotto la protezione   della   Casa   sovrana   tiberiano-dobryniana  (S.A.R.I.   don Antonio Tiberio di Dobrynia di Russia)51, come , aperto, in eccezionali casi, anche ai non Cristiani .

 

Febbraio 2008                                                                         r.r.

 

50  Vedi RENDINA, op.cit. , p. 349.

51  Vedi www.imperialclub.net/cavalieridisangiacomo .

 

4.

 

L’ORDINE EQUESTRE DEL SANTO SEPOLCRO ED ALTRI ORDINI AFFINI

 

 

Secondo un’antica tradizione, Costantino il Grande, abolito il corpo dei Pretoriani, che era stato favorevole al suo rivale Massenzio, fondò le Scholae Palatinae, come sua nuova Guardia Imperiale, dalle quali Scholae venivano tratti i 45/50 candidati (‘dalla bianca veste’), addetti alla sua sicurezza personale52. Di questo corpo gli storici bizantini parlano ancora nell’XI secolo, come attivo ed operante53.

La tradizione vuole, poi, che Costantino abbia affidato la custodia del Santo Sepolcro a una confraternita di monaci agostiniani, che operarono  dal  316  fino  all’occupazione persiana  (VII  secolo),  e  poi ancora fino al 638, quando Gerusalemme fu conquistata dal califfo Omar.

 

 

 

52  Vedi A. H. M. JONES, Il tardo impero romano, vol. II, trad.it. Milano 1973, p. 846.

53  Vedi “Articoli e note”, § 1.

 

Costantino il Grande, dunque, fu da taluni indicato come il fondatore, oltre che dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio, anche di quello del Santo Sepolcro54.

Un’altra tradizione, che si basa sul dato di fatto che nella pergamena gerosolimitana degli Statuti capitolari si cita per primo Carlo Magno, vuole che quest’ imperatore ne sia stato il primo fondatore55 .

La maggioranza degli studiosi, però, cita Goffredo di Buglione come il fondatore dell’Ordine, nella sua qualità di “Difensore del Santo Sepolcro”56.

Secondo qualche altro, notizie certe se ne avrebbero solo col 1496

57.

 

Fatto sta, che l’antico Statuto (1°. I. 1099) è riportato da alcuni autori58, congiuntamente al testamento di Alfonso I re d’Aragona, 1131 (che nominava eredi gli Ordini del Santo Sepolcro, di San Giovanni e del Tempio59), al frammento di Bolla del 25.VII.1155 di papa Adriano IV60, al Breve del 23.I.1161 di papa Alessandro III61; sono questi i più antichi documenti di cui disponiamo.

 

Si configurava dunque l’Ordine come Ordine originario palestiniano. Il Breve del 23.I.1161, già citato, estendeva all’Ordine i privilegi già concessi ai cavalieri di S.Giovanni e ai Templari; analoga

 

54  Vedi B. GIUSTINIAN, Historie cronologiche dell’origine degli Ordini militari e di tutte le religioni cavalleresche…, Venezia 1692, pp. 43ss., e, più recentemente, L. PELLICCIONI DI POLI, Gli Ordini cavallereschi di uso legittimo in Italia, Roma

1991,  p.  111,  il  quale  riporta  che  i  monaci  agostiniani  vivevano  nel  convento  di

Gerusalemme dal 316, ma che le notizie certe iniziano col 615.

55  Vedi E. GADDI HERCOLANI, L’Ordine del Santo Sepolcro (1860), ripubblicato in

A. PECCHIOLI, I Cavalieri del Santo Sepolcro, Roma 1991, pp. 15-37 (p. 16 e nota 1).

56  Mi limito a citare: G. BOSIO, L’Origine dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro (1594), ripubblicato in PECCHIOLI, op. cit., pp. 11-13; C. A. BERTINI, Le glorie dell’Ordine del Santo Sepolcro (1903), ripubblicato ivi, pp. 39-46; T. BERTUCCI, La nobiltà dell’Ordine (1925), ripubblicato ivi, pp. 47-52; A. PECCHIOLI, L’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, ivi, pp. 3-10; F. FERRI, Ordini cavallereschi e decorazioni in Italia, Modena 1995, pp. 115-134; C. RENDINA, Il grande libro degli Ordini cavallereschi, Roma 2006, pp. 73-83.

Vedi anche il sito www.carlosarno.it , dove viene riportato lo scritto di G. NAPOLITANO, Note storiche sull’origine dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di

Gerusalemme.

57  Vedi R. CUOMO, Ordini cavallereschi antichi e moderni, Napoli 1894, pp. 732-742.

58   Es. F. PASINI FRASSONI, Histoire de l’Ordre du Saint-Sépulcre de Jérusalem,

Roma 1909, p. 122 ; G. GIACOMINI, Storia dei Cavalieri del Santo Sepolcro, Iesi

1971, p. 211.

59  GIACOMINI, op. cit. , p. 231.

60  PASINI FRASSONI, op. cit. , p. 81.

61  PECCHIOLI, op. cit. , p. 54.

 

risoluzione  nel  Breve  del  19.IV.1204  di  papa  Innocenzo  III.  Altri provvedimenti seguirono62.

 

Con Bolla del 19.I.1459 (Veram semper  et solidam) il papa Pio II sopprimeva tutta una serie di Ordini (Santo Sepolcro, San Lazzaro, Santa Maria del Castello dei Bretoni, San Giacomo d’Altopascio, Santo Spirito in Saxia), facendoli confluire nel nuovo Ordine di Santa Maria di Betlemme. L’Ordine del Santo Sepolcro, negli anni seguenti, continuò però ad operare63, fino alla Bolla del 28.III.1489 di papa Innocenzo VIII, che sopprimeva di nuovo gli Ordini del Santo Sepolcro e di San Lazzaro facendoli confluire nell’Ordine di S.Giovanni64 .

 

Il papa Alessandro VI provvide ad annullare la decisione precedente con Bolla del 2.XI.149765, ma la nuova delibera pontificia fu parzialmente modificata dal Breve del 1°.VII.1505 di papa Giulio II66.

 

Seguirono altre Bolle e Brevi, talora contraddittorie, fino alla “Delega” di papa Clemente XI (1708) al P. Guardiano dei Francescani del Santo Sepolcro Girolamo di Valenza, con la quale veniva in pratica ripristinata la Bolla di papa Alessandro VI conferendo al P. Guardiano la delega, appunto, a conferire le insegne67 . La Delega fu ufficializzata con la Bolla del 7. XI. 1746 di papa Benedetto XIV, che confermò al P. Guardiano il privilegio apostolico68.

 

Si giunse così al noto Breve del 23.VII.1847 di papa Pio IX, il quale ripristinava il Patriarcato Latino di Gerusalemme e trasmetteva al P. Guardiano di Gerusalemme le nuove disposizioni riguardanti l’Ordine

69. Altre disposizioni successive precisavano le Classi dell’Ordine e le modalità  di  accesso,  oltre  alla  creazione  delle  “Dame  del  Santo Sepolcro”. Con Breve del 14.III.1909 il papa Pio X assumeva la carica di Gran  Maestro.  Lo  stesso  pontefice,  dopo  il  Breve  del  3.V.1907, nominava, con Breve del 13.V.1907, Luogotenente del Gran Maestro il Patriarca Latino di Gerusalemme70.

 

62  Vedi PECCHIOLI, op. cit.

63  Come appare dai documenti citati ivi, pp. 54-55.

64  Vedi PASINI FRASSONI, op. cit. , p. 127; GIACOMINI, op. cit. , pp. 237-238.

65  Vedi PASINI FRASSONI, op. cit. , p. 82.

66  Vedi PECCHIOLI, op. cit. , p. 55.

67  Vedi PASINI FRASSONI, op. cit. , p. 87; GIACOMINI, op. cit. , p. 260.

68  Vedi PASINI FRASSONI, op. cit. , p. 87.

69  Vedi GIACOMINI, op. cit. , p. 269.

70  Vedi PASINI FRASSONI, op. cit. , p. 95; GIACOMINI, op. cit. , p. 279.

 

Dopo il Concordato del 1929, il Regno d’Italia (R.D. 10. VII.

1930, nr. 974) concedeva l’autorizzazione ad usare in pubblico le insegne dell’Ordine (O.E.S.S.G.).

Seguì l’approvazione dello Statuto da parte di papa Pio XI (2.III.1932), per decreto della Sacra Congregazione71.

 

Tuttora, l’O.E.S.S.G. è indipendente, non sovrano, ma sotto la protezione della Santa Sede (sub-collazione), ed ha un cardinale come Gran Maestro mentre il Patriarca di Gerusalemme funge da Gran Priore.

Dal 1967 esiste anche l’ “Ordine al Merito del Santo Sepolcro”72, che consente a coloro che hanno acquisito particolari benemerenze in favore  della  Chiesa,  o  che  non  sono  cattolici,  in  mancanza  delle condizioni stabilite dallo Statuto dell’ O.E.S.S.G . vero e proprio, di ricevere la decorazione al Merito.

 

Attualmente, l’ O.E.S.S.G. è attivo con Luogotenenze costituite in tutti i continenti; basti rinviare ai fascicoli Annales Ordinis Equestris Sancti Sepulchri Hierosolymitani, editi dal Gran Magistero73. Gran Maestro attuale è il card. John P. Foley. Il Gran Priore Michel Sabbah ha da poco lasciato la sua carica di patriarca di Gerusalemme, per raggiunti limiti di età.

 

Accanto a questo prestigioso Ordine ve ne sono anche altri, che si richiamano alla tradizione costantiniana. Naturalmente, non sono riconosciuti dalla Santa Sede, ma operano egualmente, in Italia e all’Estero.

 

“Ordo Byzantinus Sancti Sepulchri” (O.B.S.S.).

 

A quanto pare, a tutt ’oggi viene amministrato in due rami distinti

, in contrasto fra loro.

 

- Ramo del principe Alfred Josef Baldacchino di Gangry, Gran Maestro, con sede a Malta, con fisionomia di Soggetto di Diritto Internazionale.

Sito ufficiale: www.obss.it 

 

71  Vedi G. C. BASCAPE’, L’Ordine di Malta e gli Ordini Equestri della Chiesa nella storia e nel diritto, vol. II, Roma 1959, p. 191.

72  Così come lo S.M.O.M. ha fondato l’ “Ordine al Merito Melitense” al suo interno.

73  E vedi www.oessg-gm.net .

 

 

- Ramo del conte Carmel Sandro Calleja di Piscupia, Vicario Gran Maestro, con sede a Malta, con fisionomia di Soggetto di Diritto Internazionale.

Sito ufficiale: www.orderoftheholysepulchre.net .74

 

“   Sovrano  Angelico   Ordine  Greco-Ortodosso  del   Santo

Sepolcro di Gerusalemme e di Santa Sofia”.

 

Anch’esso con fisionomia di Soggetto di Diritto Internazionale, quest’Ordine fa capo al principe Antonio Tiberio di Dobrynia di Russia (casata Tiberiano-Dobryniana di Roma).

Sito ufficiale: www.imperialclub.net/ordosantosepolcro. Marzo 2008   r.r.

  

74  Vedi anche, in questo sito, l’articolo La cavalleria cristiana. La classificazione degli

Ordini equestri nella storia, nella Legge canonica e quella civile, dello stesso Calleja.

 

 

5.

 

L’ ORDINE DEL TEMPIO OGGI

E’ da poco stato pubblicato dall’Editrice “Periferia” di Cosenza75

un mio breve saggio dal titolo

 

 

I T e m  p l a r i

S o l d a t i d i C r i s t o   o  s o l d a t i d e l d e m  o n i o ?

 

Il volumetto si propone di attirare l’attenzione su alcuni aspetti della vicenda templare che sono rimasti un po’ in ombra, sia negli studi rigorosamente scientifici, sia in quelli fanta-storici.

In primo luogo, l’origine di Hugo de Paganis. Era costui veramente un nobile francese (Hugues de Payns) come vuole la (quasi) communis opinio, oppure era un italiano, Ugo da Pagani di Campania, secondo una teoria già di vecchia data, ma recentemente ripresa? La seconda eventualità non è da respingere.

In  secondo luogo,  una  valutazione dei  Templari come  soldati delle Crociate; la loro organizzazione militare, il loro impegno, i rapporti con gli Stati crociati, in Terrasanta e nella penisola iberica.

Poi, l’aspetto giuridico dello scioglimento dell’Ordine da parte di papa Clemente V. Furono pienamente legittime le bolle del 1312 che decretarono la fine dell’Ordine e minacciavano di scomunica coloro che fossero stati in futuro cavalieri del Tempio? Forti dubbi sussistono sulla piena legittimità dei provvedimenti pontifici.

Dal vaglio delle testimonianze raccolte emerge che – eccettuati singoli casi – l’Ordine nel suo complesso era del tutto innocente e che le accuse mosse dal re di Francia Filippo il Bello erano finalizzate al solo scopo di impadronirsi delle sue ricchezze.

 

75  Vedi sito: www.edizioniperiferia.it . E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Infine, la recente, parziale, apertura della Chiesa cattolica verso i movimenti neotemplari, che ottengono intanto sempre più numerose adesioni.

 

Trattandosi di una pubblicazione a stampa, ho evitato di citare siti internet, specie in relazione alle numerose filiazioni neotemplari, anche perché alcuni responsabili vietano di diffondere notizie senza una preventiva autorizzazione.

Dato che ho raccolto numerose notizie, consultando vari siti, questa è la sede più idonea per citarli, in vista di una più completa informazione dei lettori.

Qui di seguito le principali filiazioni a me note.

 

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F o n t e s .

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E m a n u e l e T a g l i a f e r r o .

 

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www.templaridisicilia.it

 

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www.osmtj.biz

Alcuni di questi siti sono anche citati nel sito ufficiale dell’”Ordo

Equester Sancti Sepulcri”: www.oessg-gm.net

 

Febbraio 2009                                                                           r.r.

 

 

6. PERSONALITA’ DELLA CHIESA

CATTOLICA NELL’ ORDINE MILITARE DI SANTA BRIGIDA DI SVEZIA

 

 

Alcuni siti internet (ad es. www.cnicg.net/osserv.asp ) riportano le dichiarazioni della Santa Sede in materia di Ordini Cavallereschi.

Osservatore Romano, 1933.VI.176, dove si smentisce il riconoscimento dell’Ordine di Santa Maria di Betlemme da parte della Santa Sede77.

Osservatore Romano, 1935.IV.15-16, dove si smentisce il riconoscimento dell’Ordine di San Lazzaro di Gerusalemme78.

Osservatore Romano, 1938.VIII.25, dove di nuovo si considera non riconoscibile l’Ordine di Santa Maria di Betlemme.

Osservatore Romano, 1952.III.2179, dove si dà una lunga lista di

Ordini non riconosciuti:

Santa Maria o Nostra Signora di Betlemme.

San Giovanni d’Acri detto anche San Giovanni Battista. San Tommaso.

San Lazzaro.

San Giorgio di Borgogna detto anche del Belgio o di Miolans. San Giorgio di Corinzia.

Costantiniano Lascaride Angelico della Milizia Aurata. Corona di Spine.

Leone della Croce Nera.

 

76  Riprodotto in Rivista araldica (1933), p. 479.

77  Ma vedi § seguente.

78  In quanto accorpato a quello di San Maurizio, di collazione di casa Savoia, dal 1572.

79  Riprodotto in Rivista araldica (1952), pp. 182-183.

Sant’Uberto di Lorena o di Bar. Concordia.

Nostra Signora della Pace. Mercede.

Santa Brigida di Svezia. Santa Rita da Cascia.

Legion d’Onore dell’Immacolata. San Giorgio di Antiochia.

San Michele. San Marco.

San Sebastiano. San Guglielmo. Tempio.

Aquila Rossa di San Cirillo di Gerusalemme, ecc.

Osservatore Romano, 1970.IV.980, dove si smentisce il riconoscimento dell’Ordine Militare del SS. Salvatore e di Santa Brigida di Svezia.

Osservatore Romano, 1976.XII.1, dove si smentisce il riconoscimento del “Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme” e si afferma che esso è istituzione diversa dal “Sovrano Militare Ordine di Malta” (SMOM).

Osservatore Romano, 2002.VII.4, dove si conferma che la Santa Sede, .

 

Queste notizie possono indurre il lettore, alle prime armi in fatto di storia della cavalleria, ovvero del tutto ignaro, a credere che gli Ordini non riconosciuti dalla Santa Sede siano del tutto illegali, illeciti, o, addirittura, condannati dalla Chiesa Cattolica. Non è così.

Innanzi tutto, bisogna definire che cosa si intende per Santa Sede. A norma del can. 361 del nuovo Codice di Diritto Canonico ( 1987, revisione di quello del 1917):

80  Riprodotto in Rivista araldica (1970), pp. 126-127.

 

Per la Corte di Cassazione (sent. 6569 del 1979.XII.18):

 

<< Alla Santa Sede, nella quale si concentra la rappresentanza della Chiesa Cattolica e dello Stato Città del Vaticano, è stata riconosciuta la soggettività internazionale ad entrambi i titoli, e quest’ultima non è venuta meno neppure nel periodo in cui era cessata la titolarità di qualsiasi potere statuale81>>.

 

 

La Santa Sede, dal punto di vista legale, è un’entità distinta dallo Stato della Città del Vaticano: questo è il territorio sul quale la Santa Sede esercita la sua sovranità. La Santa Sede ha gli Ordini Cavallereschi di sua diretta collazione, e di sub-collazione. Non si assume la responsabilità della organizzazione e della gestione di altri Ordini cavallereschi, anche se intitolati a Santi. Anche se la Santa Sede non riconosce gli Ordini sopra citati, essi – esclusi quelli massonici – pur sempre operano nell’ambito della Chiesa Cattolica, promuovendo il culto dei Santi, e dedicandosi alle opere di beneficenza.

Che si sappia, oltre agli Ordini massonici, solo l’Ordine del Tempio è condannato dalla Chiesa Cattolica, e i suoi insigniti sarebbero, almeno in teoria, scomunicati82 .

La Santa Sede non ha mai proibito ai prelati di accettare onorificenze di Ordini che professano fedeltà verso la Chiesa Cattolica.

 

Dopo questa doverosa premessa, a  riprova del  carattere pienamente cattolico dell’ Ordine Militare di Santa Brigida di Svezia, con l’ausilio di una pubblicazione ufficiale dell’Ordine83 , cito i nomi di eminenti ecclesiastici di S. R. C., che vollero accettare l’ammissione nel prestigioso Ordine, essendo Gran Maestro il conte Vincenzo Abbate de Castello Orléans junior, negli anni “5084 .

 

 

81   Dal 1870, fine  dello Stato Pontificio, al 1929, inizio dello Stato della Città del

Vaticano.

82  Mi permetto di rinviare il lettore al volumetto di cui al § precedente.

83   AA.VV., Ordine Militare del SS. Salvatore e di S. Brigida di Svezia – Sommario storico e ruolo generale ufficiale, Napoli 1955, pp. 135-143.

84   Le notizie essenziali sulla storia, dal 1859, anno della ricostituzione ad opera del conte Vincenzo Abbate de Castello Orléans senior, si trovano nel volume citato alla nota precedente. Ivi anche notizie sull’Ordine originario, fondato da Santa Brigida nel

1366, e che operò, con ogni probabilità, fino all’adesione della Svezia alla riforma luterana.

On line si può consultare il nuovo sito  www.ordinemilitaredisantabrigidadisvezia.org .

 

Cardinali

 

S.E.    Emanuel     Arteaga    y    Betancourt,     arcivescovo     di    San

Cristoforo dell’Avana (Cuba)85 .

S. E. Giuseppe Bruno, Prefetto della Sacra Congregazione del

Concilio (Roma)86.

S.  E.  Luis  Santiago  Copello,  arcivescovo  di  Buenos  Aires

(Argentina).

S. E. Jaime De Barros Camara, arcivescovo di Rio de Janeiro

(Brasile)87.

S.  E.  Carmelo  De  Vasconcellos,  arcivescovo  di  San  Paolo

(Brasile)88.

S.  E.  Gualberto  Guevara,  arcivescovo  di  Lima  e  primate  del

 

Perù89.

 

 

S. E. Luigi Lavitrano, Prefetto della Sacra Congregazione del

 

Concilio90.

S. E. Francesco Marmaggi, Prefetto della Sacra Congregazione del Concilio91.

S. E. Marcello Mimmi, arcivescovo di Napoli92.

S.  E.,  fr.  Adeodato  Giovanni  Piazza,  patriarca  di  Venezia, Segretario della Sacra Congregazione del Concistoriale (Roma)93.

S. E. José Carlos Rodriguez, arcivescovo di Santiago (Cile). S. E. Jules Saliège, arcivescovo di Tolosa (Francia)94.

S. E. Alphonse Sanuel Stritch, arcivescovo di Chicago ( USA)95.

S.  E.  Alessandro  Verde,  arciprete  della  Patriarcale  Basilica

Liberiana (Roma)96.

 

Arcivescovi

 

85  Fu il primo arcivescovo cubano ad essere creato cardinale nel 1946.

86     Ricoprì  anche  la  carica  di  membro  del  Supremo  Tribunale  della  Segreteria

Apostolica.

87  Anche Cameriere segreto di S.S. il papa Pio XI.

88  Ispiratore, col Mons. Helder Càmara, della Conferenza Episcopale Brasiliana.

89  Primo peruviano ad essere creato cardinale nel 1946.

90  Da Forio d’Ischia, fu prima vescovo di Cava e Sarno, poi arcivescovo di Benevento.

91  Già Nunzio apostolico in Romania, Cecoslovacchia e Polonia.

92  Anche vice-Presidente dell’Azione Cattolica per l’Oriente Cristiano.

93  Si adoprò per la difesa di Venezia durante la II G. M., trattando autorevolmente coi tedeschi. Denunciò le violenze che avvenivano, a guerra finita, nei territori giuliano- istriani.

94  Si adoprò, in Francia, affinché presso i cattolici fosse cancellata l’immagine negativa degli ebrei inculcata durante la II G. M.

95  Anche pro-prefetto della Sacra Congregazione della Propaganda della Fede.

96  Anche Membro della Congregazione per le cause dei Santi e della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli

S. E. Salvatore Baccarini, arcivescovo di Capua. – Gran Priore dell’Ordine.

S. E. Ettore Baranzini, arcivescovo di Siracusa97.

S. E. Nicola Giannattasio, arcivescovo titolare di Pessinonte98 .

S.   E.  Reginaldo  Addazi,  arcivescovo  di   Trani,  Barletta  e

Nazareth. – Gran Priore Onorario dell’Ordine.

S. E. Carlo Agostini, patriarca di Venezia99.

S. E. Dionigi Casaroli, arcivescovo di Gaeta100.

S.  E.  Giovanni  M.  Emilio  Castellani,  arcivescovo  titolare  di

Perge, Nunzio apostolico in Guatemala101.

S. E. Andrea Cesarano, arcivescovo di Manfredonia102. S. E. Ernesto Filippi, arcivescovo di Monreale103.

S. E. Lorenzo Gargiulo, arcivescovo di Germa di Ellesponto.

S.   E.    José    Garibi     y    Rivera,    arcivescovo     di    Guadalajara

(Messico)104.

S. E. Stanislao Martino Gilet, arcivescovo titolare di Nicea.

S. E. Eftimios Jouakim, arcivescovo di Forzul, Zaleh e Bekaa

(Libano)105.

S. E. Emanuel Pio Lopez, arcivescovo di Vera Cruz (Messico)106. S. E. Luis Martinez, arcivescovo di Città del Messico.

S. E. Demetrio Moscato, arcivescovo di Salerno107.

S. E. Giovanni Erik Muller, Vicario apostolico in Svezia.

S. E. Beniamino Nardone, segretario della Sacra Congregazione del Cerimoniale (Città del Vaticano)108.

 

 

97       Con   grande   prudenza   gestì   il   delicato   caso   della   famosa   lacrimazione della”Madonnina di Siracusa”.

98  Titolari sono coloro che non risiedono nella diocesi, a causa del fatto che essa si trova in territorio dove non è consentito operare ad un prelato cattolico.

99  Divenne cardinale nel 1953, post mortem, dato che era deceduto nel 1952.

100  Dopo l’8 settembre 1943 fu prelevato dai tedeschi e condotto forzatamente a Roma. Liberato, rientrò nella sede nell’agosto del 1944.

101  Già Delegato apostolico per l’Africa Orientale.

102  Durante la I G. M. collaborò, per l’assistenza ai profughi e ai prigionieri, con l’allora

Mons. Roncalli, poi Giovanni XXIII.

103  Noto, fra l’altro, per essere stato il destinatario di una lettera, scritta da P. Agostino Reni, in cui si affermava che il celebre bandito Salvatore Giuliano, prima di morire, si era confessato ed era stato assolto.

104  Poi cardinale e presidente della Conferenza Episcopale del Messico.

105  Fu anche Gran Maestro dell’Ordine di N.S. di Betlemme.

106  Difese dalle accuse di falso il P. Fuentes, che era riuscito a intervistare suor Lucia di

Fatima, circa il cosiddetto “terzo segreto”.

107  Dopo il terremoto del 28 dicembre 1908, a Reggio Calabria, si adoprò per ritrovare gli oggetti d’arte religiosi e la cosiddetta “colonna del miracolo di San Paolo”.

108  Poi arcivescovo titolare di Heliopolis d’Asia.

 

Svezia.

 

S.  E.  Angario  Nelson,  Coadiutore  del  Vicario  Apostolico  in

 

S. E. Giuseppe Nogara, arcivescovo di Udine109. S. E. Angelo Paino, arcivescovo di Messina110 .

S. E. Giovanni Panico, arcivescovo titolare di Giustinianea Prima,

 

Nunzio apostolico nel Perù111.

S. E. Carmelo Patanè, arcivescovo di Catania112.

S. E. Alberto Ronca, arcivescovo titolare di Lepanto, prelato del

Santuario di Pompei.

S.  E.  Andrea  Taccone,  arcivescovo  titolare  di  Pompeopoli di

Paflagonia.

 

Vescovi

 

S. E. Carlo Baldini, vescovo di Chiusi e Pienza.

S. E. Guido Bentivoglio, vescovo coadiutore di Catania. S. E. Raffaele Calabria, vescovo titolare di Soteropoli.

S. E. fr. Michele Camerlengo, vescovo di Nola.

S. E. Luigi Cammarata , vescovo titolare di Mauritania. S. E. Nicola Capasso, vescovo di Acerra.

S. E. Jesus Antonio Castro, vescovo di Barranquilla (Colombia). S. E. Basilio Cattan, vescovo titolare di Proconneso.

S. E. Gaetano De Cicco, vescovo di Sessa Aurunca. S. E. Ernesto De Laurentiis, vescovo di Ischia.

S. E. Giuseppe Della Cioppa, vescovo di Alife.

S. E. Raffaele Delle Nocche, vescovo di Tricarico. S. E. Vincenzo Del Signore, vescovo di Fano.

S. E. Giuseppe De Nicola, vescovo titolare di Pergamo113 . S. E. Filippo Desrlanleau, vescovo di Sherbrocke (Canada). S. E. Nicola Di Girolamo, vescovo di Caiazzo.

S. E. Federico Emmanuel, vescovo di Castellammare di Stabia. S. E. Fortunato Farina, vescovo di Foggia.

S. E. Gennaro Fenizia, vescovo di Cava dei Tirreni e Sarno.

 

109  Dovette subire false accuse di collaborazionismo con la RSI. Invece, rimproverò aspramente, con lettera ufficiale, il Commissario tedesco dell’Adriatico per le atrocità compiute dalle sue truppe ai danni della sua diocesi.

110   Contribuì attivamente alla ricostruzione di Messina, dopo il terremoto del 1908, e dopo la devastazione della II G. M., donde il soprannome di “muratore di Cristo”.

111  Poi cardinale, dal 1962.

112    Durante  la  II  G.  M.  fece  occultare  le  reliquie  di  Sant’Agata  (che  erano  state ricondotte a Catania nel 1126, dopo che il generale bizantino Giorgio Maniace le aveva sottratte alla città per inviarle a Costantinopoli, nel 1040) in modo da sottrarle ai bombardamenti e consentirne di nuovo il culto, a guerra finita.

113  Ausiliare dell’arcivescovo di Napoli. 

S. E. Giuseppe Filippi, vescovo del Granducato del Lussenburgo. S. E. Juan Gay, vescovo di Guadalupe (Antille).

S. E. Ignacio Lopez, vescovo di Cartagena (Spagna). S. E. Bartolomeo Mancino, vescovo di Caserta.

S. E. Francesco Orlando, vescovo di San Severo.

S. E. Donato Pafundi, vescovo di Ascoli Satriano e Cerignola. – Gran Priore Onorario dell’Ordine.

S. E. fr. Giuseppe Palatucci, vescovo di Campagna. S. E. Gioacchino Pedicini, vescovo di Avellino.

S. E. Domenico Petroni, vescovo di Melfi, Rapolla e Venosa. S. E. Domenico Savarese, vescovo di Capaccio e Vallo.

S. E. Beniamino Socche, vescovo di Reggio Emilia.

S. E. Guido Matteo Sperandeo, vescovo titolare di Samo. S. E. Antonio Tedde, vescovo di Terralba.

S. E. Antonio Teutonico, vescovo di Aversa. S. E. Domenico Vendola, vescovo di Lucera.

 

Dopo il Gran Priorato dell’arcivescovo Salvatore Baccarini, altri due prestigiosi alti prelati accettarono la carica di Gran Priore: prima il cardinale Alfredo Ottaviani114, poi il cardinale Pietro Palazzini115 .

Negli anni più recenti, il Gran Priorato è stato tenuto dal cardinale

Aloisio Lorscheider 116.

 

Fra gli insigniti dopo gli anni Cinquanta ricordo:

S. E. Alessio Ascalesi, arcivescovo di Napoli, cardinale. S. E. Corrado Ursi, arcivescovo di Napoli, cardinale.

S. E. Raffaele Pellecchia, arcivescovo di Sorrento e vescovo di

Castellammare di Stabia.

 

 

114  1890-1979. Ordinato prete nel 1916, fu segretario personale di Pio XI. Come giurista, collaborò alla stipulazione dei Patti Lateranensi. Pio XII lo nominò pro-segretario della Congregazione del Santo Uffizio e cardinale (1953). Giovanni XXIII lo nominò arcivescovo (1962). Esponente dell’ala tradizionalista della Chiesa, fu contrario alla riforma della liturgia (novus ordo missae) e all’apertura verso il modernismo. Un profilo può esser letto in Birgittiana XXII (2006), pp. 103-108 (riproduzione del discorso commemorativo pronunciato del 1990 dall’allora cardinale Ratzinger).

115  1912-2000. Assistente del Pontificio Seminario Romano Maggiore, aiutò molti ebrei a  sfuggire alla  persecuzione nazista. Nel 1962 fu  nominato arcivescovo titolare di

Cesarea  di  Cappadocia;  nel  1973  fu  nominato  cardinale.  Fu  autore  di  numerose

pubblicazioni e ideatore della Bibliotheca Sanctorum. Un profilo può esser letto in I Cavalieri di Santa Brigida, nuova serie, XV (1975-1977), pp. 20-22.

116  1924-2007. Nato da genitori tedeschi immigrati in Brasile, nel 1948 fu ordinato sacerdote. Vescovo di Santo Angelo nel 1962, poi arcivescovo di Fortaleza nel 1973, poi cardinale nel 1976. Autore di numerose pubblicazioni, fu per quattro anni in Italia come docente all’Università Pontificia “Antonianum”.

 

S. E. Humberto Rodriguez Quiròs, arcivescovo di San José di

Costarica117.

S. E. Celestino Fernandez, vescovo di San Marcos del Guatemala. S. E. Mariano Rossell y Arellano, arcivescovo del Guatemala118.

S. E. Daniel Castillo Cabrero, priore del Capitolo del Messico119.

S.  E.  Paolo  Savino  di  Auletta,  Presidente  della  Pontificia

Accademia Ecclesiastica. – Priore Aggiunto dell’Ordine120.

 

A conclusione di questa panoramica, forzatamente breve e certamente lacunosa, segnalo i profili di Mons. Carmine Rocco, Nunzio Apostolico in Sud America, e di P. Luigi Godino da Longobucco, pubblicati in Birgittiana , nuova serie, XXIII (2007), pp. 57-70 e 81-88, non senza menzionare il Gran Cancelliere dell’Ordine, Mons. Luigi Chianese, e il prof. Achille Mauro (fra’ Emanuele da Napoli, OFM Cap), autore di libri sulla storia della cavalleria ( Ordine di S. Gennaro dei Borbone, Ordine Equestre del Santo Sepolcro) e sulla storia di Napoli121.

 

Agosto 2009                                                                                       r.r 

 

 

7

 

 

117  Promosse il “Solidarismo”, movimento ideologico-politico che sosteneva che imprenditori e lavoratori non dovessero considerarsi parti avverse, ma collaborare per il progresso del paese.

118    Si  impegnò,  fra  l’altro,  nella  lotta  contro  il  comunismo,  ma  anche  contro  gli sfruttatori del popolo e i responsabili dell’inflazione sfrenata.

119  Fu anche Cavaliere Ospitaliere di San Giovanni Battista (Cadice).

120  Figlio di Vincenzo barone di Sant’Angelo Le Fratte, era imparentato con la nobile famiglia dei Castriota Scanderbeg.

121  Medaglia di Bronzo al Merito CRI, Commendatore dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro, Cavaliere dell’Ordine di  San  Giovanni di  Gerusalemme dei  Cavalieri di Malta.

 

 

UNA POCO NOTA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE

SU “USO ILLIMITATO” E “USO LIMITATO” DELLE DECORAZIONI

 

 

Nel 1959 la III Sezione Penale della Corte di Cassazione (23 aprile 1959, n° 2008, Reg. Gen. n° 3909/59) emise una sentenza circa gli “Ordini non nazionali”, molto spesso bistrattati, ove non abbiano l’avallo di una dinastia ex regnante di sicuro prestigio.

Un autorevole commento di questa sentenza trovasi pubblicato nella Rivista Penale, annata 1961, II parte/ 1° fasc., come V § di un ampio articolo a cura di Emilio Furnò (Foro di Genova),

Se ne riproduce il testo (pp. 58-62), che sarà seguito da un breve commento.

 

Classificati “non nazionali” gli Ordini dinastici ereditari cadono sotto la disciplina dell’art. 7 della Legge 178/51, per cui i cittadini italiani non possono usarne, nel territorio della Repubblica, le onorificenze o distinzioni cavalleresche, loro conferite, se non sono autorizzati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per gli Affari Esteri.

I contravventori sono puniti con l’ammenda sino a lire cinquecentomila. Trattandosi di contravvenzione, è applicabile l’art. 162

C.P. che prevede l’oblazione con conseguente estinzione del reato.

Ai fini dell’esatta interpretazione ed applicazione della summenzionata norma, occorre prendere in esame la natura della “autorizzazione” e dell’ “uso”, che essa stessa norma richiama.

Il   provvedimento,  con   cui   il   Presidente   della   Repubblica autorizza l’uso delle onorificenze e distinzioni “non nazionali” ed estere, è un atto assolutamente discrezionale, rimesso all’esercizio di facoltà e prerogative proprie del Capo dello Stato. Ha la forma di decreto, come indica la Legge stessa, e si riallaccia all’analogo decreto reale di autorizzazione, previsto nell’ordinamento della cessata Monarchia. Ed ha la medesima funzione, che è quella di parificare alle onorificenze e distinzioni dello Stato quelle “non nazionali” ed estere. Infatti, ottenuta l’autorizzazione, il cittadino italiano ne gode il pieno diritto, che comporta la facoltà di non specificare l’onorificenza.

Lautorizzazione deve essere promossa dall’interessato, con richiesta diretta al Presidente della Repubblica, tramite il Ministero per gli Affari Esteri, e corredata dai relativi documenti. Il Ministro dispone per   l’istruzione   della   pratica,   che   comprende   le   indagini   sulla personalità dell’istante, sulle sue condizioni sociali, etc. 

La richiesta di autorizzazione può anche non essere accolta, data la discrezionalità assoluta del Presidente della Repubblica, il quale, nel concederla o denegarla, tiene conto di un complesso di circostanze, relative alla personalità del designato, alle sue benemerenze, alla sua posizione sociale, alle sue qualità morali,  politiche, etc.;e tiene altresì conto della posizione e dei rapporti con lo Stato estero, o con l’Ordine “non nazionale”, che ha concesso la distinzione. Ma la valutazione di tutte queste circostanze non viene espressa, poiché il provvedimento, affermativo o negativo,, non richiede né in realtà comporta mai alcuna motivazione.  Ciò  spiega  meglio  il  perché  contro  di  esso  non  sia esperibile   nessun   reclamo   né   in   via   amministrativa   né   davanti all’autorità giudiziaria. Ma proprio per questo la domanda di autorizzazione può sempre essere riproposta, poiché possono mutare od essere superate le ragioni, che hanno consigliato il precedente diniego, o possono essere accolte le eventuali ragioni proposte dall’interessato.

Questo potere discrezionale rientra, come già accennato, nelle prerogative  del  Presidente  della  Repubblica  e  trova  la  sua giustificazione  nell’art.   87   u.   p.   Cost.   Rep.,   che   gli   riserva   il conferimento delle onorificenze dello Stato. Sebbene molto ampio, tuttavia non deve confondersi con la potestà di riconoscere o meno la validità dell’onorificenza oppure la legittimità del suo conferimento. La stessa Legge precisa, senza alcuna possibilità di dubbio, che si tratta di autorizzazione all’uso delle onorificenze “non nazionali” ed estere e non si tratta quindi di altro. Sarebbe del resto assurdo andare oltre i limiti fissati dalla Legge, perché di tutta evidenza è che il Capo dello Stato italiano non ha potere di sorta negli ordinamenti degli Stati esteri o degli altri soggetti di diritto internazionale. Comunque l’art. 7 della Legge 178/51 non consente di andare oltre la sua chiarissima lettera.

Con il considerato potere, il Presidente della Repubblica ha in mano un efficace strumento per evitare abusi e per impedire che persone non  degne  godano  di   onori  a   parità  o   addirittura  a   disparità svantaggiosa per i concittadini. Efficace anche per equamente valorizzare, nel territorio dello Stato, Ordini equestri che si rendono benemeriti con attività di assistenza sociale o che danno lustro al paese per attività culturali, etc.  Utile infine per colmare certe disparità di trattamento fra  gli  stessi cittadini italiani, non  pochi  dei  quali,  pur avendo benemerenze, vengono trascurati dagli organi competenti alla proposta per le onorificenze dello Stato. Il che accade più spesso di quanto non sembri.

Strumento, dunque, regolatore, sotto diversi, apprezzabili aspetti, ma non demolitore.

Passando, ora, all’”uso” delle onorificenze “non nazionali” ed estere, bisogna vedere quale ne sia il concetto utile e se sia fondata la

distinzione  fra   “uso   pieno”ed  “uso   limitato”,  elaborata  in   una recentissima sentenza penale della Corte Suprema Cassazione.

Secondo questa autorevole sentenza, chiara ed accurata, la distinzione è portata dalla stessa Legge e scaturisce dal confronto fra l’art. 7 e l’art. 8.

Osserva la Suprema Corte:

Ed invero, mentre l’art. 7 stabilisce che i cittadini italiani non possono usare nel territorio della Repubblica onorificenze e distinzioni cavalleresche, loro conferite in Ordini Esteri o non Nazionali, se non autorizzati con decreto del Presidente della Repubblica, l’art. 8 – nel porre   il   divieto   del   conferimento  di   onorificenze,  decorazioni  o distinzioni con qualsiasi forma e denominazione da parte di enti, associazioni o privati – punisce l’uso, in qualsiasi forma e modalità, di dette onorificenze, etc. Sicché, mentre l’art. 8 pone il divieto dell’uso in qualsiasi forma e modalità questo si esplichi, nell’art. 7 si prevede soltanto l’uso. Ora è evidente che se il legislatore ha inteso – accentuando la tutela repressiva nella seconda forma di reato – attenersi nell’art. 8 ad un concetto di uso più ampio, ne deriva, per le esigenze di una valutazione unitaria della norma, il carattere differenziale assegnato al concetto di “uso” nei due articoli 7 e 8. E si deve ritenere che il diverso significato, reso palese dalla semplice lettura delle due disposizioni, corrisponde ad un preciso diverso intento del legislatore che, se avesse voluto riferirsi ad un concetto di uso da applicarsi indiscriminatamente   nelle   diverse   situazioni,   non   avrebbe   avuto necessità alcuna di scendere ad una specificazione ulteriore, eliminando la possibilità di un uso in qualsiasi forma o modalità. Questa diversità di disciplina legislativa è certamente da porsi in relazione con quelli che sono  gli  scopi stessi della  tutela,  che  nel  caso  dell’art. 8  sono  più specifici e più intensi perché trattasi di onorificenze, che provengono da Ordini non riconosciuti né riconoscibili ( perché sostanzialmente enti privati) e per i quali è vietato lo stesso conferimento”.. 

Così testualmente.

Proseguendo nella sua attenta indagine, la Suprema Corte pone in  rilievo  che  il  conferimento  e  l’accettazione  delle  onorificenze  in parola non abbisognano di alcuna autorizzazione e sono fatti leciti produttivi, come tali, di effetti giuridici propri. Ma tali effetti non potrebbero consistere ed esaurirsi nell’aspettativa di ottenere l’”autorizzazione all’uso”, che non potrebbe nemmeno compiutamente configurarsi, trattandosi di atto assolutamente discrezionale, rimesso all’esercizio di facoltà e prerogative proprie del Capo dello Stato. 

In altre parole, la Suprema Corte, rilevando il fatto storico, costituito dal conferimento e dall’accettazione dell’onorificenza, ne afferma la liceità e la conseguente efficacia giuridica,che non viene meno per l’eventuale mancanza dell’autorizzazione all’uso, la cui natura è già stata tratteggiata in questo scritto. Osserva di proposito la Suprema Corte che, se l’autorizzazione del Capo dello Stato riguardasse l’ uso in senso lato, comprensivo cioè del qualificarsi e del portare le insegne, occorrerebbe negare qualsiasi effetto giuridico all’accettazione, il  che  non  è  sostenibile,  dovendosi  ammettere  l’esistenza  di  un particolare “diritto soggettivo” che sorge con il conferimento e l’accettazione dell’onorificenza. Se ne deduce quindi la possibilità di un “uso limitato”, che si attua con la precisazione della specie e della qualità dell’Ordine e  del  titolo cavalleresco e  che  perciò non  urta contro gli interessi, posti a base della tutela penale.

Le argomentazioni della Suprema Corte risultano ineccepibili, perché vanno alla radice del fenomeno, il quale, come si è detto più volte, è produttivo di effetti giuridici.

E’ senza dubbio esatto che dal conferimento e dall’accettazione della onorificenza estera o non nazionale sorge un “diritto soggettivo dell’insignito”, sulla cui esistenza e legittimità non può influire, per le ormai note ragioni, la concessa o denegata autorizzazione del Capo dello Stato. Questi può soltanto consentire o negare il “pieno uso”delle esaminate onorificenze, il quale consiste nel diritto d’imporre l’ammissione in tutte le relazioni pubbliche o private.

Si è già detto che l’autorizzazione parifica alle onorificenze dello Stato quelle estere o “non nazionali”; qui va precisato che la parificazione riguarda proprio l’uso, restando salvo l’ordine di precedenza stabilito nel protocollo ufficiale. L’autorizzazione, insomma, valorizza l’onorificenza estera o “non nazionale” nel territorio della Repubblica, assegnandole la più ampia portata.

La mancata autorizzazione invece riduce l’uso dell’onorificenza “non  nazionale” o  estera, che  deve  pertanto essere  precisata nella specie e nella qualità e che non ha ingresso ufficiale nelle relazioni pubbliche e private. Resta una qualificazione privata, lecita ma sfornita di tutela giuridica. Non mancano situazioni analoghe.

Nonostante il rigore circa l’uso dei titoli accademici e professionali, conseguiti all’estero, nessuno ha mai potuto negare ai titolari di qualificare, mediante opportuna specificazione, la natura e l’origine dei titoli stessi. Se è vero infatti che il laureato o il diplomato all’estero non può, senza la competente autorizzazione, inserirsi nelle rispettive categorie nazionali, nemmeno ai fini puramente onorifici, è altrettanto vero però che non viola alcuna legge , quando, sul biglietto da  visita,  carte  personali,  etc.,  o  comunque  nelle  relazioni  sociali indichi, con adeguata precisazione, il titolo o i titoli conseguiti. L’analogia è evidente giacché, sia nel caso di titoli accademici, etc., sia in quello delle onorificenze, il conferimento e l’accettazione non richiedono  alcuna  autorizzazione  preventiva  da  parte  dello  Stato italiano: ed entrambi i casi presentano fatti leciti, che sarebbe irragionevole non voler considerare neppure ai limitati effetti della pura e semplice qualificazione.

Dalla impostazione, che precede, s’affaccia una non sterile distinzione tra diritto soggettivo ed interesse dell’insignito.

Il primo è portato, come si è visto, dal conferimento e dall’accettazione dell’onorificenza, appartenente ad Ordine equestre “non  nazionale”  o  estero,  legittimo  nei  termini  sopra  precisati;  il secondo scaturisce dalla aspettativa, conseguente alla domanda di autorizzazione all’uso. L’uno comporta l’altro.

Il  primo,  qualunque  ne  sia  la  misura  e  l’efficacia nell’ordinamento italiano, è sempre un diritto, che non può venire soppresso da nessun atto né del Presidente né del Parlamento della Repubblica italiana, poiché questi istituti non ne possono sopprimere la fonte, esistente al di fuori della loro influenza. Possono solo agire sulla misura del suo esercizio.

Il secondo invece cade interamente nell’ordinamento italiano e si risolve in una semplice speranza, la cui realizzazione dipende dal potere insindacabile del Capo dello Stato; e non solo perché ancor più dipende dal potere, non meno insindacabile, del Ministro per gli Affari Esteri, competente a proporre l’autorizzazione nonché a rendere valido il decreto presidenziale, che da lui deve essere controfirmato ai sensi dell’art. 89 p.p. Cost. Potrebbe perciò accadere che la mancata autorizzazione non sia tanto dovuta al diniego del Presidente della Repubblica – il quale può ignorare persino l’esistenza della domanda – quanto  del  parere  sfavorevole  o  dall’inerzia  del  Ministro. Come potrebbe accadere che, nella successione dei Ministri, il successore del proponente sia di contrario avviso e si rifiuti di controfirmare il decreto presidenziale di autorizzazione.

In queste situazioni, tutt’altro che improbabili, il disagio dell’interessato non trova alcun rimedio, non essendo previsto alcun reclamo né in via amministrativa né in via giudiziaria. Nel caso di onorificenza, concessa da Stato estero accreditato, potrebbe configurarsi il reclamo in via diplomatica. Ma, a parte il fatto che dovrebbe trattarsi di caso particolarissimo, non sembra ne sia conseguibile una risolutiva efficacia.

Lorientamento della Suprema Corte – che merita piena adesione

– ha, tra l’altro, il pregio di attutire l’eventuale eccesso di un potere così assoluto ed influenzabile; e tanto che non sembra rispondere ai principi informatori della Costituzione Repubblicana (artt. 2 e 3). Non si dimentichi che ogni Ministro deve di regola la sua nomina a considerazioni , spinte, intese, di natura politica, che lo accompagnano in tutta la sua attività. E, se è pensabile che il Presidente della Repubblica sappia elevarsi al di sopra delle varie correnti politiche – non mancano recenti esempi – tale distacco non può richiedersi al Ministro, politicamente responsabile verso il proprio Partito o verso le correnti di spinta.

Nello stato di diritto, quale è la Repubblica Italiana, non è concepibile che ragioni  d’indole politica – o addirittura inafferrabili perché inespresse – possano prevalere, senza alcun reclamo, sull’interesse del cittadino, giustificato da un vero e proprio diritto, e persino quando sia sostenuto da autorevoli sentenze della Magistratura dello Stato stesso. Quando ciò accade – ed è accaduto come fra non molto si dirà – si crea, a dir poco, una inaccettabile indifferenza del potere  esecutivo  verso  il  potere  giudiziario,  la  quale  non  può  non incidere negativamente sulla comunità.

E’ auspicabile che l’esercizio negativo del potere in parola venga vincolato all’obbligo di motivazione e che sia concesso adeguato reclamo. Ne verrà sicuramente migliorata la funzione, di cui sono stati già esposti i vantaggi, con la garanzia necessaria per il particolare interesse.

A conclusione si osserva che l’uso, come sopra ristretto, mentre appaga una profonda esigenza di equità, assume di per se stesso la funzione di infrenare una troppo larga distribuzione di onorificenze non statuali>>.

 

Fin qui il Furnò.

E’ evidente che alcuni brani dello scritto sono ormai datati, essendo mutate – a distanza di tanti anni – modalità di presentazione d’autorizzazione, procedure, ecc.

Altro elemento da considerare è il momento politico in cui fu scritto il saggio. Se la sentenza della Cassazione è dell’aprile del 1959 e lo studio è stato pubblicato nel 1961, ci troviamo nell’ epoca Fanfani (salvo le due parentesi Segni [15/2/1959-25/3/1960] e Tambroni [25/3/1960-26/7/1960]): l’ “apertura” a sinistra del dinamico esponente della DC impensieriva il ceto moderato, che tradizionalmente aspirava alle distinzioni cavalleresche.

Ma veniamo alla sentenza.

Posto che esistono Ordini “secundum legem” (quelli della Repubblica, della S. Sede, di Malta SMOM, del S. Sepolcro), Ordini “praeter legem”, non vietati in quanto di Stato estero o non-nazionali, e Ordini “contra legem”, appartenenti ad “enti, associazioni o privati “, il succo è questo: se a una degna persona è conferita una onorificenza, e questa viene accettata, ne scaturisce il diritto soggettivo dell’interessato all’uso. Per la normativa della 178/51 l’insignito presenta domanda di portabilità: se essa è accettata, ne consegue il diritto all ‘ “uso pieno” o “uso illimitato”, in tutte le occasioni pubbliche o private.

Se la domanda non viene accettata, in quanto l’Ordine che ha conferito  l’Onorificenza  non  è  riconoscibile,  resta  il  diritto dell’interessato all’ “uso limitato” alla vita di relazione sociale.

Come  non   viola  alcuna  legge   un   laureato  all’Estero,  che specifichi, su biglietti da visita o carta intestata, l’Università presso la quale ha conseguito il titolo, e la sua denominazione, così non viola alcuna legge l’insignito che, su biglietti da visita o carta intestata, specifica il suo grado, e l’Ordine che glielo ha conferito.

Ne consegue che Ordini “non-nazionali”, che non possono essere riconosciuti in quanto non aventi i requisiti richiesti dal MAE, possono conferire onorificenze ugualmente, e l’ uso di esse deve essere, in ottemperanza alla sentenza, esclusivamente limitato alle circostanze private di relazioni sociali.

 

Luglio 2010                                                                           r.r.

 

(da www.famigliaromano.it/pdf/DivOrdCav2.pdf)

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